23 febbraio 2011

OGNI COSA COL TEMPO INVECCHIA


Mi fà rabbia.
A me l' amore fa questo effetto.
Ho sempre una qualche briciola di spiegazione da dare a me stessa per sentirmi infuocata. Non so cosa pretendo. Non so cosa mi aspetto.
So solo che la mia maniera di amare è assolutamente naturale.
Nessun artificio.
O amo totalmente, o non amo.
Mai avute mezze misure, comrpomessi o banalità di cui accontentarmi.
Non come amante.
Si tratta di necessità.
Non potrei mentire a me stessa.
E' così che qunando amo, mi strazio dentro.
Mi torturo l'anima il cuore e la mente.
Ogni istante, ogni frammento di spazio e di tempo, io sono due persone.
Me e colui che amo.
Non mi lascia mai.
Nemmeno quando dormo.
Un assillo, un assillo piacevole, che mi rende felice il quaranta per cento delle mie giornate. L'altro sessanta è solo insofferenza.
Pressione.
Tormento.
Desiderare sempre.
Desiderare qualcosa di più. di piu.
Ancora, di più.
Il mio è un non pensare razionalmente. L'amore per me è mancanza di lucidità. Divento istabile, irruenta, violenta, ossessiva e compùlsiva.
Non c'è un attimo di pace, sento sempre mancarmi qualcosa, anche solo un pezzetto di lui.
Vorrei mangiarlo, questo amore.
Prenderne un pezzo e masticarlo fino a mantenerlo costante dentro di me.
Diventa follia.
Ma no.
E' solo il vero modo di amare.
Un modo di amare che nessuno ha.
L'amore che arriva a un punto di forza talmente elevato da diventare fame insaziante.
Necessaria e continua morbosa fame da cui non riesco a nutrirmi.
E a volte ci spero che io possa cambiare. Ma poi mi accorgo di questo.
Che l'amore mi rende una belva affamata e non c'è esperienza o libro o laurea o lutto, niente, che possa avermi fatto crescere al punto da diventare saggia e matura. Al punto da aver acquisito quel distacco necessario affiche i rapporti siano durevoli e pacifici. No, io non ho mai acquisito questa coscienza.
Mai e mai per quanto cinica il tempo possa farmi diventare, saprò restare immune all'amore folle che invade le mie cellule celebrali. Tutte. Ogni singola cellula. Ogni membra. Ogni strato di sottilissima carne diventa corpo per una fame maniacale. Ecco il mio limite.
Un eccesso talmente grande da costituire il limite del mio saper e voler bene a qualcuno.
Impossibilitata alla felicità.
Questo credo di essere.
Gioisco ormai nelle ore scarne di vita vuota, quando per consolazione mi arrendo muta alle circostanze emozionali del mio essere dannato.
Lì posso ancora ridere e sembrar normale.
Sembrar capace di godere i frutti del mondo terreno.
Ma si tratta solo di brutale apparenza. Nella costanza, dentro di me, naviga un veleno pericolosissimo, che quando si innesca e comincia a fluire non da scampo a nessuno. Specialmente a me. Quel che voglio è penetrare nel profondo abissale delle sue inquietudini, dei suoi pensieri più intimi.
Dei suoi segreti, delle sue voglie, dei suoi occhi.
Voglio vedere da dentro di lui.
Dal suo modo di percepire le cose che stanno lì fuori.
Dal suo essere sangue e ossa, carne e forza di volontà.
Io voglio entrargli dentro.
Dentro fino dove a lui non è concesso arrivare.

Questo è l'amore per me, un ostacolo da abbattere. Un senso di sottomissione, che per ironia del caso, mi fa star bene quando resto sola. Quando non ho più cosa amare. Quando ho perso l'amore e colui che avevo scelto e che mi aveva scelto.

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